Sembrano diradarsi le nubi sul viadotto Cerrano dell’A14, da tempo chiuso al traffico dei pesanti per motivi di sicurezza, con drammatiche ripercussioni sul trasporto merci italiano.
L’Ufficio Ispettivo territoriale (Uit) del ministero Infrastrutture e Trasporti (MIT) ha dato ieri parere favorevole al ripristino della circolazione degli autocarri sul viadotto, a condizione che «vengano rispettati l’obbligo di interdistanza non inferiore ai 100 metri, il limite di velocità a 60 Km/h e il divieto di sorpasso».
Questo sempre che la riapertura del ponte sia in ogni caso autorizzata dall’autorità giudiziaria.
Dalle verifiche svolte dall’Istituto nazionale delle saldature e dal modello digitale della frana creato dall’Università di Roma La Sapienza, il MIT ritiene infatti necessario «un sistema di monitoraggio dinamico della frana sulle parti sensibili delle fondazioni e delle sottofondazioni del viadotto, in modo continuativo, attraverso sensori e rilievi topografici dei pali maggiormente sollecitati».
Inoltre, spiegano al ministero, Autostrade per l’Italia (ASPI) «dovrà definire un piano adeguato di gestione delle emergenzeda attivare oltre determinate soglie di allerta, essenziali per l’uso in sicurezza dell’infrastruttura che, se superate, comporteranno di nuovo la chiusura del viadotto».
A queste sollecitazioni ha prontamente risposto la Direzione di Tronco di Pescara di ASPI, informando il MIT che già esiste una procedura interna di “gestione delle eventuali emergenze”.
Questo piano deriva dal sistema di monitoraggio tramite sensori attivo oggi sul viadotto, che prevede l’acquisizione continuativa H24 di dati, trasmessi da estensimetri, clinometri e sonde fisse installati sulla struttura.
Il piano di emergenza viene attivato al superamento di determinate soglie di attenzione, validate dalla società specializzata Speri.
La Direzione di Tronco, come richiesto dal MIT, condividerà la procedura con gli enti territoriali interessati, “rendendosi disponibile ad eventuali modifiche o integrazioni”.
Nella comunicazione la Direzione di Tronco informa inoltre di aver dato avvio a un’ulteriore campagna di indagine con lo scopo di installare gli altri strumenti di misura dei movimenti del terreno richiesti dal MIT, peraltro già indicati nelle analisi tecniche svolte dai professionisti incaricati.
Basandosi su queste azioni ASPI presenterà presto una nuova istanza all’Autorità Giudiziaria per la rimozione del divieto di transito al traffico pesante sul viadotto, ferme restando le limitazioni di cui sopra.
Pare dunque che la situazione sia molto meno grave di quanto prospettato dalla relazione del Gip di Teramo, che aveva suscitato parecchio clamore nei giorni scorsi, quando si era diffusa la notizia che la chiusura ai mezzi pesanti fosse stata disposta per lo spostamento di ben 7 centimetri dei piloni.
Ipotesi poi smentita da Autostrade che aveva parlato di uno spostamento massimo del terreno nei pressi della pila 1 registrato dalla strumentazione nell’arco di 3 anni (2016-2018), ma comunque non riferibile alle pile del viadotto, “che non hanno mai raggiunto movimenti attenzionabili nel periodo considerato”.
Il problema dunque non è sulle pile, ma sulle loro fondazioni; basterà tuttavia predisporre un piano di emergenza per bloccare il traffico appena nelle fondazioni si registrerà un movimento superiore a una soglia di allerta, che verrà appunto calcolata in questi giorni.
E dopo l’Italia non sarà più spezzata in due.
Intanto, ovviamente la circolazione nelle province di Teramo e Pescara è diventata a dir poco complicata.
I veicoli pesanti che lasciano l’autostrada sono mediamente un paio di migliaia al giorno e si trovano a transitare per cittadine insediate lungo la statale Adriatica, divenuta la strada obbligata per muoversi in direzione Nord-Sud.
Di conseguenza, per i camion i tempi di consegna delle merci si allungano in modo imponderabile, per la popolazione di queste cittadine la vita quotidiana ha subito non pochi disagi in termini di traffico, inquinamento e rumore.
Fonte: www.uominietrasporti.it
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