Quanto avevamo costruito in lunghi decenni, adesso nello spazio di due settimane cambia volto.
Siamo in guerra», ha commentato ieri il presidente francese Emmanuel Macron e quando si è in guerra si risponde con misure eccezionali.
Ergo, da oggi a mezzogiorno lo spazio di Schengen (vale a dire i paesi dell’Unione europea, tranne Irlanda, Romania, Bulgaria e Croazia, con l’integrazione di Svizzera, Norvegia, Liechtenstein e Islanda) chiude le sue frontiere esterne per almeno un mese e di conseguenza non potranno più accedervi cittadini di altri Stati.
La decisione è stata presa (ovviamente in videoconferenza) nel Consiglio straordinario dei capi di Stato e di governo dei 27 che ieri doveva ratificare la proposta della Commissione di sospendere il Trattato Schengen.
Restano esclusi dalla misura gli scienziati che forniscono un contributo al contenimento della pandemia, i diplomatici e i militari.
Inoltre, la Commissione europea ha precisato che gli Stati membri possono sottoporre chiunque entri nel proprio territorio nazionale a verifiche sanitarie senza introdurre formalmente controlli alle frontiere, ma a quel punto non possono vietare l'ingresso a singoli individui.
Ma fin qui si parla di passeggeri.
Per le merci, ha puntualizzato la Commissione europea nelle linee guida sui controlli alle frontiere, la decisione è quella di assicurare comunque la libera circolazione dei «prodotti essenziali come le forniture di alimenti, i medicinali e i materiali protettivi».
La ragione è presto detto: «La libera circolazione delle merci è cruciale per garantire la disponibilità dei prodotti».
Ed ecco perché i controlli alle frontiere nono devono «causare interruzioni alle catene di produzione, ai servizi essenziali di interesse generale e per le economie nazionali e l'economia Ue nel suo insieme».
Da qui l’invito della Commissione a predisporre, in frontiera, delle corsie preferenziali per il trasporto merci, in particolare per medicinali, equipaggiamento medico, cibo, bestiame e beni essenziali.
Corsie da sfruttare poi anche per il transito di lavoratori transfrontalieri, a maggior ragione se impiegati in imprese sanitarie o alimentari.
Alla luce di tutto questo diventa ancora più importante il vertice tra i ministri dei Trasporti dei 27 che si riuniranno oggi in videoconferenza per affrontare proprio un tema spinoso come la fluidificazione dei colli di bottiglia subiti negli ultimi giorni dal trasporto su gomma e particolare di quelli creatisi al valico del Brennero dopo la decisione dell’Austria di introdurre particolari controlli.
Tornando alle linee guida, la Commissione ha chiarito che servono a gestire le frontiere in modo da tutelare la salute delle persone, salvaguardando però l’integrità del mercato interno.
Quindi, gli Stati membri possono reintrodurre controlli interni alle frontiere giustificati da ragioni sanitarie ma soltanto tramite un coordinamento e comunque gestendoli in modo proporzionato.
Nel senso cioè che i controlli devono comunque evitare il formarsi di code o, peggio ancora, di assembramenti.
Bisogna aggiungere che in realtà la decisione della Commissione è stata in parte indotta dal fatto che, già prima del Consiglio di ieri, diversi Stati membri avevano preso autonome misure reintroducendo controlli alle frontiere interne.
Parliamo in particolare di Estonia, Norvegia, Austria, Ungheria, Repubblica Ceca, Danimarca, Polonia, Lituania, Germania e Svizzera.
Anche Spagna e Francia effettuano controlli, ma per adesso non sono arrivate alla Commissione le relative notifiche.
Fonte: www.uominietrasporti.it
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