Quando l’infortunio di un lavoratore deriva direttamente dalla mancata formazione a risponderne è il datore di lavoro.
Quindi, se tale infortunio è occorso a un autista che trasporta un silos sull’autocarro, il datore di lavoro è perseguibile penalmente e deve pagare i danni all’infortunato se l’evento è causato dalla mancata formazione e informazione del lavoratore.
È questa la conclusione della terza sezione della Corte di Cassazione (sentenza n. 13918 del 7 maggio 2020), che ha rigettato il ricorso del datore di lavoro E.B. nei confronti della decisione della Corte d’appello, che era stata a sua volta investita dalla Cassazione stessa del giudizio di rinvio.
Il datore di lavoro è così stato riconosciuto colpevole del reato di lesioni personali colpose aggravate(art. 590 e 583 Codice penale), confermandosi così la precedente sentenza (due mesi di reclusione e risarcimento dei danni).
La vicenda di cui stiamo parlando riguarda un infortunio accaduto al conducente O.A. che trasportava un silos sull’autocarro, assicurato al pianale con alcune cinghie.
Ma poiché una di queste era stata mal posizionata e doveva essere rimessa a posto, l’autista era salito sul pianale del camion, indossando le scarpe antinfortunistiche in dotazione.
Aveva afferrato la cinghia con la mano sinistra, reggendosi con quella destra a una traversa del silos, ma poi aveva perso la presa, era caduto a terra da circa 1 metro di altezza e si era procurato la rottura della tibia (il piede era rimasto incastrato tra il pianale del veicolo e il basamento del silos).
La Cassazione, riferendosi agli accertamenti della Corte d’appello, ha confermato che ci fosse una relazione di causa-effetto tra l’accertata mancata formazione del lavoratore infortunato sulle cautele antinfortunistiche e l’incidente, specificamente sulla condotta da tenere per assicurare il carico e per recuperare una delle cinghie utilizzate.
Questo perché – come già la Corte d’appello aveva deciso – è stato escluso che la condotta dell’infortunato fosse anomala o esulasse dalle sue mansioni, in quanto l’operazione di ancoraggio e di messa in sicurezza del carico da trasportare fa parte delle azioni che l’autista deve normalmente effettuare.
In secondo luogo, il conducente non aveva frequentato alcun corso di formazione o di sicurezza, come provato dal fatto che l’ASL di Piacenza non aveva rinvenuto alcun documento che lo attestasse.
Infatti, una dichiarazione che pareva invece confermare l’avvenuta formazione dell’autista (apparentemente sottoscritta il 9 marzo 2013), prodotta dall’imputato, era in realtà stata fatta firmare al lavoratore dopo l’infortunio, mentre si trovava ricoverato in ospedale.
Questo documento, privo di data, è poi risultato del tutto generico, facendo riferimento alle possibili situazioni di rischio nelle fasi di movimentazione manuale dei carichi, ma senza poter ricavare da esso una adeguata formazione del lavoratore sui rischi connessi alla necessità di assicurare carichi del genere di quello trasportato in occasione dell’incidente.
Infine, l’autocarro sul quale era stato montato il silos era privo di scala di accesso al pianale e anche di idonei punzoni per bloccare il container ai quattro angoli, una volta posato sul cassone.
Il conducente, in altri termini, non era stato adeguatamente informato dal datore su come carichi particolari come il silos vadano fissati al camion, che poteva trasportare un oggetto di rilevanti dimensioni solo bloccandolo con cinghie e rimuovendo la piantana posteriore d’angolo (il carico aveva una dimensione tale infatti da non permettere la chiusura delle sponde).
Il mancato uso delle sponde di protezione e di conseguenza l’accesso al cassone in condizioni di insicurezza – equilibrio precario, senza punti di ancoraggio e con scarpe rigide – poteva dunque comportare un rischio concreto di infortunio, come poi è avvenuto, specie perché il lavoratore era salito sul cassone con una manovra certamente pericolosa. In sintesi: l’infortunio si è verificato perché il lavoratore non è stato adeguatamente formato sui rischi connessi al trasporto del silos sull’autocarro, cosa che avrebbe consentito di evitare la caduta, dovuta all’esecuzione di una manovra imprudente e inappropriata.
Il datore di lavoro avrebbe dovuto da parte sua fornire al conducente tutte le informazioni sulle cautele da adottare, mentre è irrilevante che il veicolo fosse conforme alle disposizioni di sicurezza.
E.B. è stato condannato anche al pagamento delle spese processuali e di quelle della parte civile (3.500 euro).
Fonte: www.uominietrasporti.it
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