Secondo la Corte di Giustizia europea i motivi della non presenza del conducente (malattia, ferie, congedo o recupero, disponibilità) possono essere legittimati con un’attestazione del datore di lavoro, sempre che la normativa nazionale lo preveda e comunque senza l’obbligatorietà del possesso del modulo da parte del conducente.
Con l’introduzione del tachigrafo digitale, in teoria, giustificare i tempi di guida e di riposo degli autisti sarebbe dovuto diventare un compito relativamente semplice e quasi automatico.
Tuttavia esistono casi non troppo rari in cui certi periodi di attivitàinattività non possono essere registrati dal tachigrafo e nemmeno è possibile ricorrere alla registrazione retroattiva, per ragioni tecniche o per i costi eccessivi.
A risolvere l’ingarbugliata situazione ci ha pensato una sentenza della Corte di Giustizia europea del 7 maggio scorso, che riguarda il rapporto tra le disposizioni comunitarie sugli obblighi di registrazione e conservazione della documentazione dei tempi di guida e di riposo per i conducenti di veicoli con tachigrafo digitale e la normativa dei singoli Paesi Membri sugli obblighi di conservazione documentale.
La sentenza è già stata comunicata lo scorso 27 maggio dall’Ispettorato del Lavoro al personale ispettivo italiano, che quindi ne dovrà tenere conto nella sua opera di vigilanza.
Che cosa dice, in parole povere, la pronuncia comunitaria? Che uno Stato membro può prevedere una normativa interna che «imponga al conducente di un veicolo munito di tachigrafo digitale, se mancano nel tachigrafo le registrazioni automatiche e manuali, di produrre come mezzo di prova sussidiario delle sue attività un’attestazione redatta dal suo datore di lavoro, conforme al modulo contenuto nell’allegato alla decisione 2009/959/UE della Commissione europea».
Questo modulo è, in sostanza, il modello di controllo assenze del conducente, che viene quindi reintrodotto come prova nel caso manchi la registrazione dei dati nel tachigrafo anche se, ricordiamo, non è più previsto come documento obbligatorio dopo apposito intervento della Commissione Europea (Commission Clarification 7 del luglio 2016).
Questo significa che il conducente che non lo possiede non può essere multato, anche se la Commissione stessa aveva invitato a suo tempo gli Stati membri a continuare ad accettare il modulo, per facilitare la dimostrazione dei motivi di assenza ivi indicati (tra cui malattia, ferie, congedo o recupero, disponibilità, ecc.).
La CGUE interpreta in questo modo l’art. 34, par. 3, 2° comma, del Regolamento UE 165/2014, secondo il quale gli Stati membri «non impongono ai conducenti l’obbligo di presentazione di moduli che attestino le loro attività, mentre sono lontani dal veicolo».
Il conducente, insomma, ha l’obbligo di tenere ed esibire a richiesta le informazioni del tachigrafo, sia analogico che digitale, comprese quelle inserite manualmente del giorno corrente e dei 28 precedenti e le altre attività lavorative, le disponibilità e le assenze (in ogni giorno e non solo per i giorni in cui l’autista svolge attività di guida).
Tuttavia si può comprendere come questo approccio causerebbe eccessivi oneri e molte spese a carico delle imprese e dei conducenti, per cui gli Stati membri possono accettare il modulo assenze di cui stiamo parlando, senza però imporne l’obbligatorietà e nemmeno sanzionare i conducenti (viceversa le imprese datrici di lavoro sono obbligate a conservare il modulo per almeno 12 mesi).
La Corte di Giustizia Europea ha quindi interpretato il termine “attività” in senso estensivo.
L’art.34, perciò, non vieta una normativa nazionale per cui un conducente dovrebbe produrre un’attestazione delle sue attività, rilasciata dal suo datore di lavoro se, a causa del suo allontanamento dal veicolo, mancano le registrazioni automatiche e manuali del tachigrafo digitale.
Questo infatti garantirebbe «l’efficacia dei controlli sulla regolarità dei tempi di guida e di riposo e quindi la tutela della sicurezza stradale e della salute dei lavoratori» e inoltre combatterebbe la frode della «omissione intenzionale della registrazione di tali dati».
Fonte: www.uominietrasporti.it
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