Multe e sanzioni registrate da autovelox approvati con atto del ministero delle Infrastrutture e Trasporti (MIT), ma non convalidate dal ministero dello Sviluppo Economico (MISE), non sono valide e vanno di conseguenza annullate. È la conclusione contenuta nella sentenza 384/21 del 22 giugno di un giudice di pace di Treviso, Giulia Procaccini, che promette di costituire un precedente importante per molte fattispecie che potrebbero coinvolgere autotrasportatori o aziende di trasporto.
La vertenza, promossa da una cooperativa agricola difesa dall’avvocato Roberto Iacovacci nei confronti della Prefettura trevigiana, riguardava alcune multe per mancato rispetto dei limiti di velocità, rilevati mediante un tipo di autovelox – il Velocar Red&Speed – che, secondo la coop, non risultava omologato dal ministero dello Sviluppo Economico, ma solo approvato dal MIT con un provvedimento della dirigenza.
In questo caso l’onere di provare l’omologazione dell’MISE spettava alla Prefettura, che viceversa non è riuscita a presentare documentazione adeguata a sostenere la correttezza delle sanzioni.
«Dall’esame degli atti – spiega la sentenza – l’apparecchio utilizzato per l’accertamento… non risulta essere stato mai omologato, contrariamente a quanto disposto dall’art. 142 CdS, che al comma 7 prescrive che per la determinazione dell’osservanza dei limiti di velocità sono considerate fonti di prova le risultanze di apparecchiature debitamente omologate… nonché le registrazioni del cronotachigrafo e i documenti relativi di percorso autostradali». Concludendo poi che «le singole apparecchiature devono essere approvate dal MIT». Inoltre, l’art. 192 del CdS prevede che «su ogni elemento conforme al prototipo omologato o approvato deve essere riportato ii numero e la data del Decreto Ministeriale di omologazione o di approvazione e ii nome del fabbricante». Il giudice interpreta questa norma nel senso della diversità tra omologazione e approvazione, che non sono la stessa cosa: l’omologazione è infatti un procedimento amministrativo che accerta la rispondenza e la conformità dell’apparecchio alle prescrizioni del Regolamento del Codice della Strada, «esigendo quindi un giudizio tecnico giuridico in ordine alla sussistenza delle condizioni di legittimità delle modalità di accertamento», giudizio che non è richiesto nella procedura di approvazione, come precedenti sentenze hanno chiarito.
«Ne consegue – conclude Procaccini – che i due termini non sono affatto sinonimi ma comportano procedure distinte, ognuna con una propria ratio operativa». D’altronde, la determina dirigenziale non è equiparabile al Decreto Ministeriale di omologazione pubblicato in Gazzetta Ufficiale, come previsto dal citato art. 192. Per la legge, inoltre, per la determinazione dell’osservanza dei limiti di velocità sono considerate fonti di prova solo le risultanze di apparecchiature «debitamente omologate».
Risultato: il ricorso è stato giudicato fondato e l’ordinanza annullata.
D’ora in poi occorrerà dunque controllare, in caso di sanzioni per eccesso di velocità, se l’autovelox impiegato sia stato o meno omologato secondo i crismi di legge. E se è del tipo ricordato tutto lascerebbe presupporre che le stesse sanzioni possano essere annullate.
Fonte: Uomini e Trasporti
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